Il professor Edmondo Lupieri ha tenuto il 20 giugno 2013, presso il complesso basilicale della «Madonna delle Grazie» in Udine per l’organizzazione di GrazieCultura e La Panarie, una conferenza dal titolo “Una Sposa per Cristo? La costruzione del mito di Maria Maddalena”.
Già nel titolo sono richiamati i temi salienti delle tesi proposte dal docente della Loyola University di Chicago: l’accortezza nell’utilizzo dell’iniziale maiuscola della parola “Sposa” congiuntamente al sottotitolo lasciano già intendere le conclusioni della dissertazione di Lupieri. Ma andiamo con ordine.
La riflessione di oltre un’ora è stata condotta in modo indiscutibilmente magistrale e soprattutto avvincente – non si deve dimenticare che il professore è anche giallista e che conosce bene l’arte dell’indugio e una certa suspense ha tenuto sempre desta l’attenzione del numeroso pubblico presente nella Sala Sette Santi Fondatori del chiostro delle Grazie.
La relazione è stata suddivisa in due momenti: dapprima sono stati affrontati i problemi storico-letterari sulla figura di Maria di Magdala; poi è stata proposta una approfondita e attenta rassegna iconografica sulla Maddalena.
Dall’analisi dei testi neotestamentari più antichi, vale a dire le Lettere paoline, balza agli occhi l’assenza di riferimenti diretti alla Maddalena. Paolo di Tarso non ne parla (se dovessimo stare alle parole dell’Apostolo delle genti «…non avremmo neanche il nome della madre di Gesù…», nota Lupieri): nella Lettera ai Corinzi, elencando i testimoni della resurrezione, vengono citate tante persone ma nessuna donna.
Il testo cristiano più antico dove si può incontrare la Maddalena è il Vangelo di Marco: «Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala…» e, poco dopo, quando, il giorno dopo il sabato, si reca al sepolcro con gli aromi insieme a Maria madre di Giacomo e a Maria Salome per rendere omaggio al corpo di Gesù, divenendo così la prima testimone della risurrezione del Cristo. Lupieri nota come il Vangelo di Marco si chiuda in verità con la fuga delle donne in preda alla paura: i racconti seguenti sono solo aggiunte con l’intenzione di accreditare i primi testimoni nelle comunità cristiane dei primi secoli. Anche nel Quarto Vangelo Gesù non muore solo: ai piedi della croce stanno la Madre, il Discepolo amato e due donne, Maria la sorella della Madre e appunto la nostra Maria di Magdala.
Alla fine del primo secolo si fa ampia la discussione sull’autorità nella chiesa e sul ruolo delle donne come testimoni della morte, della risurrezione e delle prime apparizioni di Gesù, suscitando interrogativi intriganti: cosa ci fanno le donne in questi frangenti? Quale credito attribuire alla testimonianza delle donne? E poi, come mai nei primi testi Maria Maddalena non viene citata mentre diviene più importante con l’andare del tempo? Ma questa riflessione si è sviluppata su un altro interrogativo, che il professore ha voluto inserire nel titolo della conferenza: come si afferma l’idea di una Sposa per Cristo?
Un’idea che si impone lentamente e che passa attraverso diverse rappresentazioni della Donna di Magdala, spesso confusa anche con altre donne, per esempio Maria di Betania o la pubblica peccatrice che si redime, secondo quanto già affermava nel sesto secolo con intenti puramente pastorali, papa Gregorio Magno.
In area gnostica, al momento della morte presso la croce e al sepolcro stanno la Madre, la sorella e Maria di Magdala. Secondo la tradizione gnostica, Madre-sorella-Sposa sono la stessa entità, tanto che chiamare le tre donne con l’identico nome significa parlare della stessa realtà. Maria di Magdala infatti è citata due volte nei brevi detti che compongono il Vangelo di Filippo. Una prima volta per affermare che Maria la madre di Gesù, Maria la sorella di lei e Maria di Magdala sono solo manifestazioni apparenti dell’unica Maria spirituale. Così dice, infatti, il versetto 32: «Tre donne camminavano sempre con il Signore: Maria sua madre, Maria la sorella di lei e la Maddalena, la quale è detta sua compagna. Maria, in realtà, è sorella, madre e coniuge di lui». Nella seconda ricorrenza dell’Annuncio apocrifo di Filippo, il versetto 55, si dice estesamente: «La Sofia detta sterile è la madre degli angeli; la compagna di Cristo è la Maddalena. Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli e la baciò più volte sulla bocca. Le altre donne, vedendo il suo amore per Maria, gli dissero: Perché ami lei più di noi tutte? Il Salvatore rispose loro: Come mai io non amo voi come lei?».
Due entità femminili sono paragonate in questo versetto: da un lato la Sofia demiurgica, cioè la sapienza decaduta che è detta sterile in quanto creatrice del mondo materiale, che è una specie di aborto, e, dall’altro, la Sofia celeste, la sapienza eterna che è all’origine del mondo spirituale ed è la sposa dell’anima del Cristo. La corporeità del Cristo e della Maddalena è pura apparenza dalla quale è necessario liberarsi per attingere i puri principi, secondo la lettura gnostica presentata dall’intero Vangelo. È davvero paradossale come, per una incomprensione del carattere gnostico del Vangelo di Filippo, avverso alla materia e alla femminilità, proprio questi versetti saranno, invece, all’origine del formarsi della leggenda del legame carnale del Cristo e della Maddalena. Mito che si svilupperà nei secoli, tanto che Joseph Smith affermerà all’inizio del XIX secolo che Gesù era poligamo e alla fine dello stesso secolo prenderà corpo l’idea che Gesù sarebbe sopravvissuto alla croce e quindi fuggito in compagnia della moglie e di alcuni discepoli in India. Questi gli inizi e la fine della costruzione del mito della Sposa di Gesù Cristo nella storia.
Chiusa questa prima parte, Lupieri ha offerto un’ampia rassegna iconografica della Maddalena suddivisa in sezioni tematiche.
È stata così presentata la Donna di Magdala Penitente secondo diverse tradizioni artistiche: dalla romantica nudità della penitenza di de Braekeleer, per passare alle donne presso la tomba degli affreschi rinvenuti nelle stanze dell’unzione dei catecumeni di Dura-Europos, alla donna monaca penitente di Isenbrant o all’intima sofferenza della Maddalena di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Chiude questa prima sezione la Maria penitente di Donatello, che presenta la donna con il corpo completamente avvolto dai propri capelli.
Si procede quindi, secondo il testo giovanneo, con la rappresentazione tradizionale della Donna sotto la croce. Masaccio, in una delle sue crocifissioni, propone una Maddalena che non mostra il suo volto, lasciato all’immaginazione di chi guarda. Così anche Turner propone la donna affranta che si trova ai piedi di Gesù crocifisso che ne condivide la sofferenza.
Nella rassegna trovano posto anche la Maddalena del “noli me tangere” ne L’apparizione di Cristo di Aleksandr Andreevič Ivanov che lascia aperti gli interrogativi sul perché Gesù, divenuto il Cristo della fede, non si lasci toccare.
Una ricca sezione di immagini rimanda alle leggende riguardanti la donna ormai beatificata. Ecco allora la Grotta della Maddalena sulla Costa Azzurra dove le reliquie di Maria Maddalena furono venerate a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Provenza, attraendo una tale folla di pellegrini che venne eretta una grande basilica verso la metà del XIII secolo, una delle più famose chiese gotiche del sud della Francia. Benché le sue ossa siano state disperse durante la Rivoluzione Francese, si disse che la sua testa fosse rimasta nel suo sacrario in una caverna, appunto a La Sainte-Baume, non molto distante dal porto di Marsiglia.
Nelle rappresentazioni di una Maddalena sempre più vicina al Cristo non possono mancare le assunzioni: tra le tante la Donna di Magdala raffigurata da Silvestro dei Gherarducci nel 1380 nell’atto di nutrirsi del pane Eucaristico durante l’ascesa al Cielo.
Ma le immagini più “forti” sono quelle che propongono la Maddalena senza veli: ai piedi della croce e penitente secondo Eugéne Delacroix o la più ascetica Maria col Crocifisso di El Greco e poi Tiziano, Francisco Hayez, Jules Joseph. Lefebvre per concludere con il pittore inglese William Etty che presenta una Maddalena “cristificata” con lo sguardo conquistato da Gesù ormai morto sulla croce.
In coda a queste rappresentazioni artistiche, Lupieri si è spinto in una breve incursione nel mondo del cinema citando, tra le innumerevoli pellicole prodotte sulla vita di Gesù, due film: “The Passion” di Mel Gibson e “L’ultima tentazione di Cristo” di Martin Scorsese tratto dal romanzo dello scrittore greco Nicos Kazantzakis.
A questo punto nel resoconto di Lupieri irrompe uno scritto antico ma di difficile interpretazione: il noto frammento copto detto anche, impropriamente, “Vangelo della moglie di Gesù”. Questo frammento, scritto malamente con frasi estrapolate dal Vangelo di Tommaso, dove si dice che Gesù baciava sulla bocca la Maddalena, sarebbe la prova documentata che Gesù fosse strettamente legato a una donna e che questa fosse proprio la nostra Maria.
Anche nel suo Vangelo Filippo, come abbiamo visto, fa dire a Pietro che la discepola è più amata degli altri discepoli e che baciava Gesù sulle labbra. Bisogna però ricordare che il bacio era praticato anche nelle celebrazioni delle prime comunità cristiane e all’interno del gruppo dei discepoli (basti ricordare su tutti il bacio di Giuda). Nell’interpretazione gnostica il bacio significava infatti comunicazione di spirito e sapienza, per cui Maria Maddalena non avrebbe ricevuto che una conoscenza particolare, che altri non avevano appreso. Ecco la modalità corretta di inquadrare tale atto negli ambienti gnostici che intendevano osteggiare l’autorità di Pietro contrapponendogli il gruppo di discepoli vicino alla donna di Magdala.
A questo punto le conclusioni: si può dire che in particolare nel XX e XXI secolo si propongono delle rappresentazioni della Maddalena che la raffigurano trasformata secondo le esigenze personali, trascurandone le caratteristiche che provengono dalla tradizione. Che Gesù dovesse avere una sposa è idea recente, una necessità contemporanea che vede nella vita di coppia la pienezza dell’esperienza umana, mentre nell’antichità la vita ascetica individuale era considerata superiore a quella coniugale. Quindi, per comprendere in modo corretto il “mito” di questa donna dai contorni poco definiti, è preferibile recuperare il messaggio della tradizione cristiana reinterpretato in chiave gnostica, piuttosto che affidarsi a letture troppo recenti che sembrano avere unicamente lo scopo di soddisfare esigenze che emergono dalle profondità della coscienza dell’uomo contemporaneo.
I danbrownisti sono serviti.
Andrea Nunziata