“Il seminatore di Dio”, il primo volume delle Omelie di p. Cristiano Cavedon osm

Nella struttura dei testi di commento ai Vangeli della Domenica di padre Cristiano M. Cavedon trovo assonanze per certi versi analoghe a quelle dei versetti biblici: per la chiarezza assertiva, per i ritmi incisivi, per il sobrio candore con cui interpretano e trasmettono i fondamenti della parola divina liberandoli dalle superfetazioni, dalle incrostazioni sovrapposte nel tempo alla loro adamantina purità. Essi hanno la fresca limpidezza dell’acqua sorgiva, sono linfe che rigenerano le nostre anime stanche, distratte, adagiate nella passiva ripetizione di formule consunte dall’uso, ridotte quasi a scorze di corpi disseccati. Come scrosci di pioggia su campi inariditi fanno nuovamente lievitare i densi e vitali profumi della terra tornata a fecondare. Le parole del sacerdote, nate dal cuore prima ancora che dalla profondità di pensiero, ricadono nel cuore e nella mente degli ascoltatori.Padre Cristiano è scrittore, oltre che oratore, potente nella pacatezza, denso e concettuoso eppure mai oscuro. Il suo argomentare procede per gradi con serenità discorsiva. Egli non esorta, non “predica”, dialoga. È come il seminatore che sparge nei solchi la seminagione con largo gesto somigliante a un affettuoso abbraccio. Vive consapevolmente la contemporaneità, impegnandosi a decifrare in una realtà sempre più influenzata dalle attrazioni di un neopaganesimo senza orizzonti il mistero della condizione umana e del suo rapporto con la “presenza di Dio”. Occorre che l’uomo riaccenda in sé la “luce dello Spirito”, la luce che dà la vera vita. Ciascuno di noi ha in sé qualcosa del mistero Dio “e questo dobbiamo scoprire e vivere in noi e incentrarlo nell’altro”. Padre Cristiano insiste sul termine Mistero, alla parola non dà alcun significato esoterico, sottolinea con essa l’ineffabilità di uno spirituale Incontro.
“All’inizio c’era il Verbo / e il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio… In lui era la vita / e la vita era la luce degli uomini; / e la luce splende nelle tenebre…”, riferendosi al vertiginoso Prologo del Vangelo di Giovanni – un testo che affascina e scuote la coscienza, che ci proietta alle arcane origini di un tempo sacrale – padre Cristiano scrive che se nella genesi dell’Antico Testamento c’era la creazione del cielo e della terra, all’inizio del Nuovo Testamento “non c’è la creazione, c’è il Verbo, c’è la Parola di Dio. C’è – sottolinea con poetica immagine – il sogno di Dio, il progetto di Dio di essere in mezzo agli uomini”. E gli uomini allora, se sapranno legarsi al “sapore del Vangelo, al sapore di Dio”, potranno essere “luce e sale”, assumeranno la capacità di “dare sapore alla vita del nostro tempo”.
La Fede, comunque, richiede un cammino personale, richiede diamismo. E in questo processo il dubbio si accompagna sempre alla certezza, come sottolinea anche il brano conclusivo del Vangelo di Matteo riguardante l’incontro degli apostoli con Gesù risorto: quando lo videro si prostrarono, avendolo riconosciuto come Messia, ma subito dopo – l’Evangelista aggiunge – s’inginocchiarono “…anche quelli che avevano dubitato” .Questo dubbio – osserva padre Cristiano – “credo sia il dubbio di fondo di ogni cristiano” sulla propria fede, se è veramente vera, piena, autentica. Padre Cristiano lo definisce un “dubbio di promozione” per cercare sempre “qualcosa di più profondo, di più vero, di più autentico” e per immergersi cosi nel Mistero di Dio, per imparare a vivere “osservando il Vangelo”.

“Il seminatore di Dio” di p. Cristiano M. Cavedon osm
“Il seminatore di Dio” di p. Cristiano M. Cavedon osm

L’incontro fra Dio e l’uomo è un incontro dinamico. Padre Cristiano – nell’omelia di Natale – lo definisce “incontro fra Cielo e Terra” espresso con un’immagine di cosmica intensità: “Le comete si muovono, gli astri si muovono, Maria e Giuseppe si muovono, sono in cammino, gli angeli si muovono, i pastori si muovono, tutti incontro a Dio, tutti incontrano la Terra, incontrano il Cielo e il Cielo incontra la Terra”. La gente spiritualmente troppo calma, chiusa nelle proprie sicurezze, “fa sempre fatica a leggere la presenza di Dio”. Il tema della Fede si pone dunque non soltanto come fondamento esistenziale, ma – secondo l’insegnamento del cardinale Martini – come ansia, come interrogazione continua.
La visione di Dio “è qualcosa che cammina con noi, che ci insegna la strada della vita”. E la sua ricerca non può ridursi a un fatto semplicemente intellettuale, deve percorrere la strada della Verità che va oltre la ragione e oltre tutte le possibilità umane: “La Verità è lo Spirito Santo nel Vangelo di Giovanni”.
Padre Cristiano sottolinea poi il valore del silenzio che, come quello di san Giuseppe, definito uomo giusto e silenzioso, non è un silenzio di vuoto o d’indifferenza, è il silenzio creativo, il silenzio dell’ascolto di Dio, un silenzio che “mantiene il segreto di Dio”. Ogni persona umana – scrive ancora il sacerdote – ha delle idee personali. “È bello che ciascuno di noi coltivi qualcosa di originale”. In questa sottolineatura si riconoscono l’attenzione e il rispetto del sacerdote per le istanze, i pensieri, le riflessioni interiori di ciascuno. E tuttavia – aggiunge – “se non coltiviamo lo Spirito ci manca una grandissima parte della vita”. Anche gli “uomini di scienza” senza lo spirito sono “aridi comunque”. La vera libertà non è quella di poter fare anche il male, ma è “quella di essere liberi di fare il bene”. Di conseguenza l’unica realtà autentica è “guidata, sostenuta, vissuta nella Parola di Dio”. La conversione ispirata da un amico, sia esso un sacerdote, un laico o anche un nemico, non basta; è il primo passo per essere battezzati dal fuoco dello Spirito Santo. Soltanto “Gesù Cristo in noi è il frutto vero della conversione”. Soltanto chi è nato dallo Spirito è più grande di qualsiasi nato da donna. Il distinguo indicato da padre Cristiano si caratterizza per una sottigliezza profonda, radicale.
In un’altra omelia egli precisa: “La religione del Figlio di Dio non è la religione del successo. È la religione della Croce… E quindi quando Gesù dice: se qualcuno vuoi venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua Croce e mi segua, significa comportarsi secondo il disegno di Dio”. Piantando la propria croce accanto a quella di Cristo vuoi dire essere accanto a lui anche nella Resurrezione. “Per questo sappiamo che occorre passare attraverso la morte per arrivare alla Vita”.
“Nei nove anni della sua missione pastorale alle Grazie padre Cavedon ha fatto sentire viva la presenza misteriosa di Dio anche a coloro ai quali in certi momenti egli poteva apparire lontano”, era stato il commento di alcune persone tra il migliaio che domenica 17 giugno 2012 gremivano la Basilica delle Grazie per la messa con la quale il sacerdote lasciava la parrocchia udinese in seguito al suo trasferimento al convento di Arco di Trento. “Ho sempre cercato di essere al di sopra della mediocrità, sia a livello di rapporti personali che a livello spriituale e culturale – aveva detto nell’indirizzo di saluto. Ho lottato contro qualunquismo, superficialità, disimpegno nel rispetto delle persone, cristiane e non. Ho proposto libertà di spirito. E sappiamo che la libertà ha un costo elevato”.
Il suo abbandono della parrocchia delle Grazie aveva profondamente rattristato la gente. Il carisma che lo animava, la sensibilità, la capacità di sostenere le anime con parole sagge, ricche di comprensione e di carità erano motivo di gioia e di conforto. Il lunghissimo applauso al termine dell’omelia aveva espresso il rimpianto, la commozione, la gratitudine dei fedeli.

Licio Damiani

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