L’opera oggetto del presente studio (un olio su tavola di 65×52 cm), inedita e recentemente riportata all’attenzione del pubblico, rappresenta la Presentazione di Gesù al Tempio – noto episodio dell’infanzia di Gesù, descritto in Luca 2,22-39. Sulla scorta di quanto emerso dalle prime ricerche, il dipinto sembra compatibile a livello storico e culturale con l’ambiente culturale veneziano del XV e XVI secolo, verosimilmente in riferimento alla cultura figurativa dei diversi pittori greci attivi a Venezia dalla seconda metà del Quattrocento fino a tutto il Cinquecento; un ambito questo, famigliare anche a Dominikos Theotokopoulos, detto El Greco, pittore, scultore ed architetto, nato a Candia nel 1541, morto a Toledo il 7 aprile 1614.
Appare utile rilevare che la traditio iconografica della Presentazione di Gesù al Tempio è ampia e documentata: basti ricordare, per limitarci ai secoli XIV, XV e XVI in ambito italiano, le Presentazioni al Tempio di Ambrogio Lorenzetti (risalente all’anno 1342, già nel Duomo di Siena, attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi di Firenze), di Gentile da Fabriano (databile all’anno 1423, ora custodita presso il Museo del Louvre di Parigi), del Beato Angelico (un affresco questo situabile tra il 1440 ed il 1441 circa, dipinto per il convento di San Marco a Firenze, dove ancora oggi si trova), di Andrea Mantegna (opera eseguita a Padova intorno al 1455 circa, una tempera su tavola che adesso è nella Gemalde Galerie di Berlino) nonché ancora, specificamente per l’area veneziana, quella di Giovanni Bellini (collocabile intorno al 1460 circa, oggi appartenente alla collezione della Fondazione Querini Stampalia di Venezia) e di Lorenzo Lotto (quest’ultima datata al 1555, oggi esposta nella Pinacoteca della Santa Casa di Loreto). Analogamente a quanto è possibile stabilire per gli exempla citati, anche nell’opera qui presentata riconosciamo la Sacra Famiglia, San Giuseppe, la Beata Vergine Maria, ed il Bambino Gesù, qui raffigurati insieme alla profetessa Anna e a San Simeone, nel Tempio di Gerusalemme in occasione della Presentazione di Gesù al Tempio, quaranta giorni dopo la nascita del Messia.
La cerimonia dell’offerta del bimbo a Dio era prescritta dalla Legge giudaica per tutti i maschi primogeniti in ossequio all’Esodo (Es 13,2.11-16): in questa occasione la puerpera compiva l’offerta prescritta dal Levitico (Lv 12,6-8). L’iconografia della Presentazione di Gesù al Tempio è ricca di significati simbolici di ordine teologico validi per l’universalità dei Cristiani: l’atto di presentazione del bimbo a Dio rimanda infatti all’azione salvifica, per la quale Dio Padre ha mandato il suo Figlio unigenito per riscattare l’umanità dal peccato. La Presentazione di Gesù al Tempio oggetto della presente analisi mostra Simone il vecchio, San Simeone, uomo giusto e timorato di Dio (Lc 2,22-35), un anziano a cui lo Spirito Santo aveva preannunziato che non sarebbe morto prima di avere visto il Messia. San Simeone, qui in posa orante secondo traditio, è altre volte rappresentato mentre tiene tra le braccia il Bambino Gesù; rende gloria a Dio con la preghiera Nunc dimittis, anche detta cantico di Simeone, nella quale annuncia che il Bambino Gesù sarebbe stato luce per le nazioni e gloria di Israele, profetizzando inoltre alla Beata Vergine Maria la sua diretta partecipazione alle vicende dolorose della vita terrena del figlio. San Simeone è venerato come Santo già nei primi secoli dell’era cristiana: risale infatti al VI secolo la traslazione delle sue reliquie dalla Terra Santa a Costantinopoli. Nell’anno 1243 le reliquie del Santo pare siano state portate in un primo tempo a Zara e quindi certamente a Venezia, ove oggi si conservano nella chiesa dedicata al Santo. Appare utile rilevare che secondo la tradizione della Chiesa cristiana Ortodossa, Simeone è uno dei settanta traduttori della Septuaginta, testo di fondamentale importanza per quella Chiesa; la tradizione vuole che il Santo abbia esitato nel tradurre il passo di Isaia in cui si legge: Il signore vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emanuele (Is 7,14). San Simeone è considerato, con la profetessa Anna di cui diremo tra poco, l’ultimo Profeta dell’antico Testamento. Luca (Lc 2,36-38) riferisce le profezie messianiche della profetessa Anna, un’anziana vedova di ottantaquattro anni, figlia di Fanuele della tribù di Aser, la quale – assai devota – non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio continuamente con digiuni e preghiere. Stando all’Evangelista, Anna lodò Dio e parlava del Bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme (Lc 2,36-38). In proposito, segnatamente rispetto a quanto rappresentato nell’opera oggetto del presente studio, appare utile considerare che la chiesa Ortodossa ha sempre venerato la profetessa Anna come Santa, analogamente a quanto fatto nei confronti di Simeone il giusto, considerandoli entrambi gli ultimi profeti dell’Antico Testamento. La figura di Anna è tradizionalmente presente nelle icone raffiguranti la Presentazione di Gesù al Tempio, associata a quelle della Madonna e di San Simeone. La tradizione ortodossa ritiene che Gesù abbia per la prima volta incontrato il suo popolo, Israele, proprio attraverso le personalità di Anna e Simeone; nelle raffigurazioni iconografiche relative, Anna, come in questo caso orante, è talvolta situata vicino alla Madonna, ritratta con la mano alzata sul bambino per indicarlo come Cristo; altre volte è intenta a reggere un rotolo, nell’iconografia ortodossa attributo tipico dei profeti, qui sostituito dal libro posto accanto al Bambino Gesù. La Chiesa Cattolica romana ha condiviso con l’Oriente cristiano la tradizione della venerazione della profetessa Anna, correlandola a quella di San Simeone. Il Martyrologium Romanum infatti recita: a Gerusalemme, commemorazione dei Santi Simeone e Anna, il primo anziano giusto e pio, l’altra vedova e profetessa: quando Gesù bambino fu portato al tempio per essere presentato secondo la consuetudine della legge, essi lo salutarono come messia e salvatore, beata speranza e redenzione d’Israele. Si comprende dunque come la tavola qui presentata, eloquentemente, rimandi alla traditio della Scuola cretese, l’importante movimento pittorico post-bizantino attivo sull’isola nella seconda metà del Cinquecento, all’interno del quale il giovane Dominikos ebbe modo di formarsi tra il 1541 ed il 1567. Appare utile rilevare infatti che, analogamente a questa Presentazione di Gesù al Tempio, la più nota Dormizione della Vergine (una tempera e oro su tavola di 61,4×45 cm, anteriore all’anno 1567, probabilmente realizzata verso la fine del periodo cretese, oggi conservata nella Cattedrale della Dormizione della Vergine di Ermoupoli a Syra) significativamente unisce tutta una serie di forme stilistiche ed iconografiche proprie dell’arte post-bizantina, con alcuni fattori dello stesso tipo, certamente riconducibili alle influenze della pittura italiana, anche veneziana, del Rinascimento. Sono dunque questi importanti e significativi elementi – eminentemente iconografici-teologico-contenutistici, alcuni dei quali direttamente prelevati dalla traditio della patristica greca e latina, dunque certamente organici alla tradizione ortodossa e quindi propri dell’arte post-bizantina – il discriminante fondamentale che ci permette, verosimilmente, di collocare questa Presentazione di Gesù al Tempio entro un ambito culturale certamente famigliare al giovane el Greco, datandola ad un tempo forse compreso tra la fine del periodo cretese ed i primissimi tempi del soggiorno veneziano.
Gian Camillo Custoza