Descrizione
Nostalgia e curiosità, pacate sorprese e guizzi inaspettati, rivelazioni che a volte stupiscono sono state ritrovate in un epistolario risalente ad oltre trent’anni fa. Ed è sempre un’emozione quando ci si addentra in uno spaccato di vita passata che ci si svela, però, com’era nell’immediatezza di allora. Ma se a scrivere è Sergio Maldini e se certe sue lettere si ritrovano poi riportate pari pari in un romanzo di successo, un’euforia archeologica paraletteraria ci prende e si pensa: vediamo cosa scrive, cosa dice, e sembra di potergli carpire un segreto del mestiere, di essere alle sue spalle mentre compone. È la Casa a Nord-Est che si va facendo in questo epistolario, quella vera e contemporaneamente quella letteraria.
Sergio Maldini scrive a Toni Cester Toso, l’architetto che cura il restauro del rustico di Santa Marizza e scopriamo allora che certe risposte che lei invia al suo committente verranno poi riportate anch’esse nel romanzo. Un carteggio allegro, ricco di notizie, con una gamma di sensazioni e capricci e dettagli ora minimi ora di una certa rilevanza critica, lettere che rivelano due caratteri forti che si compiacciono di battibecchi e rimandi, che si pungono con sottili ironie consapevoli sempre di una grande amicizia che li lega. È un Maldini beffardo e affettuoso che si svela, che pare già investito dal suo alter ego Marco Gregori mentre “l’ilare ubiquitaria Cester Toso”, che nel romanzo diverrà Melita Schuster, è puntuale e ironica nelle sue missive. I due non sono soli, nelle lettere attorno a loro un rutilante caleidoscopio di personaggi, famigliari, amici, famigli, un mondo coeso di dolci paesaggi, di innumerevoli incontri conviviali pervaso da una douceur de vivre che pare quasi settecentesca. Ritroviamo una intera generazione di personaggi friulani e non si può non andare alla loro lontana giovinezza cercando di rivederli quando ancora non sapevano che si sarebbero incontrati in quella Casa a Nord-Est e dopo, ancora, nelle pagine del romanzo.
Una sera d’autunno del 1983 suona l’orchestra, apre le danze per una gentile consuetudine la contessa Giuliana Canciani Florio nel canevon; è la sera dell’inaugurazione, il licôf, dopo il restauro di quel rustico a Santa Marizza che diventerà famoso. Sono in tanti a festeggiare: Toni Cester Toso, Elio Bartolini, Piero Fortuna, Roberto Foramitti e ristoratori e artigiani e maestranze, amici e ospiti in un composito affresco che accoglie tutte le classi sociali attorno a Sergio e Franca Maldini novelli padroni di casa.
In una ideale foto di gruppo li vediamo ancora in quell’immenso vano rustico, “l’arca sepolta”, mentre le danze si intrecciano.
Federica Ravizza
Una laurea in Lingue e Letterature Straniere nel 1974 a Ca’ Foscari e l’insegnamento al Liceo Scientifico G. B. Benedetti di Venezia. Si lega in amicizia con Franca e Sergio Maldini, vicini di casa a Santa Marizza. Per loro ha dipinto l’ancona che decora il muro di cinta della casa a Nord-Est. Da anni collabora con la pagina culturale del Messaggero Veneto. Vive tra Santa Marizza di Varmo e Venezia.
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