A proposito dell’arte di poetare e dello scrivere in versi, gli antichi latini sentenziavano, saggiamente che “Versus non dant panem”, come a dire che non si vive di sola poesia. E dunque, nonostante questo, ed anzi proprio per questo, il nostro Autore ha perseverato nel suo intento poetico, e dal 1975 al 2010 ha seguitato a stilare almeno trecento composizioni poetiche in friulano, nella variante cividina. Di queste, 282 sono state raccolte in volume, con relativa traduzione in italiano, a cura di Fausto Zof, con illustrazioni di Ivaldi Calligaris ed Anna Degenhardt. L’antologia, un vero e proprio corpus della produzione di Basso, è stata edita per merito dell’Istituto Achille Tellini di Manzano nel 2011. Un bel traguardo, i tanti saggi poetici; e premia la costanza dell’Autore che ha sempre mantenuto la freschezza della sua vena poetica e la riservatezza umana di personaggio schietto e sincero, come lo è il suo mondo interiore ed il suo proporsi genuino, proprio perchè ha privilegiato il linguaggio della variante friulana del cividino di Orsaria. Il suo maestro e critico è stato il professor Gianfranco D’Aronco che, per così dire, ha avuto l’intuizione ed il merito di scoprirne il mondo poetico, il linguaggio spontaneo ma efficace, elegante ma non di maniera, capace di esprimere sentimenti nascosti, sensazioni profonde, partecipazione umana al comune sentire, nella serenità e nel dolore dei suoi simili. Senza dover utilizzare falsi, barocchi contorsionismi letterari. Il nostro ha saputo ricorrere saggiamente al vocabolario scabro ed immediato della sua lingua nativa, che gli è stata sempre congeniale, familiare, come lo è il suo conversare pacato, riflessivo, misurato, discreto, mai sopra le righe. Il suo sentire poetico raggiunge così l’espressione genuina che conquista il cuore e l’anima del lettore. Le sue riflessioni toccano l’amicizia e la fede, il dolore taciuto ed il ricordo di tempi andati, i personaggi femminili e le allegre brigate, lo scorrere infine della fiumana della vita, delle comuni vicende universali della moltitudine umana.
Nino Rodaro