Descrizione
Accidioso, rinunciatario, alieno da militanze, esule volontario da Buje, Emeria, custode delle carceri di Tarcento, è solo virtualmente partecipe dei mutamenti che tra gli anni Cinquanta e i Sessanta anche per la cittadina friulana segnano la transizione dalla civiltà rurale contadina a quella urbano-industriale: tra sé e la vita, tra sé e la Storia frappone schemi e schermi, simulacri, scenari e proiezioni.
È, la scelta d’un tale protagonista, la riprova della matura sapienza narrativa di Nimis: personaggio autentico quanto emblematico, Emeria è una sorta di catalizzatore negativo dei rancori, delle rivendicazioni, delle faziosità, della retorica posbellici; nella sua ipocondria come nella coscienza del Paese s’ottundono la questione dei confini e la tragedia di Porzus, le leggi truffa elettorali e il collateralismo clericale, il boom economico e l’abbandono dei borghi...
Precisi i riferimenti storici, la critica resta felicemente affidata soprattutto al racconto, impeccabilmente ambientato tra Caffè e parlatorio, luoghi deputati alla colloquialità di personaggi - la moglie Mirna, il maresciallo siciliano, i Fiumani, gli artisti, le eredi della filanda, il venditore ambulante, il suonatore - essenzialmente impressivi, comprimari efficaci della sottile riflessione di Nimis sul nostro recente passato.
(Mario Turello)
Giovanni Pietro Nimis
Con Il monte di Saturno, Giovanni Pietro Nimis (friulano, di Tarcento) è alla terza opera narrativa dopo Il disegno nella parete (1994) e Il giorno delle mongolfiere (1997), editi dalla Nuova Base Editrice. Noti i suoi saggi pubblicati dal 1977 al 1988 per Marsilio Editori nelle collane Documenti territorio e società e Biblioteca di architettura e urbanistica.
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